martedì 8 novembre 2016

"Alle radici del male" di Roberto Costantini



Scritta per ThrillerNord 

(http://thrillernord.it)



Dopo “Tu sei il male”, torna il commissario Michele Balistreri. 
Più tormentato che mai.


Titolo: Alle radici del male

Autore: Roberto Costantini

Editore: Marsilio 

Anno di pubblicazione: 2012

Pagine: 704

Prezzo di copertina: € 19,50


Sinossi Tripoli, anni Sessanta. Quella dell’irrequieto e ribelle Mike Balistreri è un’adolescenza tumultuosa come il ghibli che spazza
il deserto. Sullo sfondo di una Libia postcoloniale, preda degli interessi dell’Occidente per i suoi giacimenti petroliferi, gli anni giovanili di Mike sono segnati dalle morti irrisolte della madre Italia e della piccola Nadia, da due amori impossibili, uno intessuto di purezza e uno intriso di desiderio e di rabbia, dal coinvolgimento in un complotto contro Gheddafi, e da un patto di sangue che inciderà a fondo sia la pelle che l'anima a lui e ai suoi tre migliori amici. Roma, settembre 1982. Balistreri indaga svogliatamente sulla morte di Anita, una studentessa sudamericana assassinata subito dopo il suo arrivo nella Capitale. Per gratitudine verso chi gli ha salvato la carriera, è anche costretto a vegliare sulla scapestrata Claudia Teodori, che agli albori della televisione commerciale sembra lanciata verso una luminosa carriera di starlette. Ma Nadia, Anita e Claudia sono legate da un filo invisibile.  

Altre ore. Il bastardo ogni tanto si affaccia, un ghigno di scherno sul volto […]. Ora posso seguire il percorso della corda, che sale dal mio collo, scavalca il grosso tubo fissato al soffitto, ridiscende.La seguo fino a un’altra testa rasata, molto piccola. Il cappio, collegato al mio, è stretto intorno a un altro collo. Il collo di una bambina. Ha quasi dieci mesi. Pesa circa nove chili […].

Così si apre la prima parte del secondo romanzo de “La trilogia del Male” di Roberto Costantini. 
Un’immagine cruda e senza pietà che travolge il lettore come un fiume in piena.
Immaginate di fare un mega salto indietro nel tempo, quando Michele Balistreri era un ragazzino e viveva ancora nella sua Tripoli, nella Libia degli anni sessanta, con la tanto amata madre Italia, il nonno, il fratello Alberto e gli amici: l’americana Laura Hunt, il siciliano Nico Gerace e i 5 fratelli Al Bakri.
Tanti sono gli episodi di violenza che scandiscono la sua infanzia, tra patti di sangue e vendette personali. Michele è coinvolto nel colpo di stato che porta al potere il colonnello Gheddafi e viene costretto a lasciare la Libia.
Siamo poi catapultati nei primi anni ‘80 ed il fantasma della giovane Nadia Al Bakri, assassinata nel 1969 da una mano senza nome, fa ritorno nella nuova vita romana di Michele portando con sé ricordi che egli stesso aveva per molto tempo cercato di insabbiare.


“Dovevo tornare esattamente al punto che avevo cercato in ogni modo di dimenticare. Alle radici del male.”

Il commissario Balistreri infatti deve occuparsi di un caso all’inizio apparentemente isolato, quello di Anita Messi, giovane sudamericana trovata uccisa e con il dito medio amputato. 
La vicenda è collegata da un filo invisibile all’omicidio di Nadia e, come se non bastasse, si aggiungono anche i casi di Claudia Teodori e della sua amica Debbie, entrate per motivi differenti nel vortice della mondanità romana.
Queste sono le donne che loro malgrado diventano protagoniste indiscusse della narrazione e fautrici del destino di Balistreri. Le loro storie corrono dapprima singolarmente, per poi incrociarsi e non districarsi più.

“Lo so. Siete tutte brave chique. Sino a che non incontrate il male e vi lasciate ingannare.”




È parecchio impegnativo delineare la trama di questo romanzo e raccontare l’essenza di tutto ciò che vi è rappresentato. 
È talmente impregnato di vissuto che trovo estremamente complicato descriverlo in maniera esaustiva.
I fatti sono raccontati da Costantini con estrema concretezza, veridicità e vengono “assemblati” con mano machiavellica.  
Come per il primo episodio della trilogia, ho trovato personalmente difficile seguire tutta la storia dalla prima all’ultima pagina. Non per la lunghezza (704 pagine circa) ma per i continui flashback che mi portavano fuori strada. Solo momentaneamente però! Tutto poi ritornava incredibilmente al proprio posto. C’è qualcosa che comunque accompagna il lettore attraverso tutto il romanzo: il ricordo.
Il ricordo dell’infanzia, della terra natale, della sofferenza per la morte di una madre e di un’amica, il ricordo di un’amicizia rafforzatasi con un patto di sangue.
Non voglio aggiungere volutamente altro, solo il mio consiglio di leggere questo straordinario romanzo che a parole è così tanto difficile raccontare.

2 commenti: